L'AREA
INDUSTRIALE DI BOCEDA
A Villafranca nei primi
anni del secolo non erano ancora stati smobilitati
i cantieri ferroviari e stradali che sul paese
già si erano posati lo sguardo interessato e
le attenzioni di alcuni imprenditori che, per
primi, avevano intuito le potenzialità che
esso avrebbe potuto offrire ai fini di uno
sfruttamento industriale. Sul finire degli anni
ottanta del secolo scorso, l'ingegnere francese
E.J.Barbier aveva acquistato dal marchese Annibale
Malaspina di Villafranca la "possessione" della
Piana, un appezzamento di terra a brevissima
distanza dalla stazione ferroviaria appena
costruita, per impiantarvi una fabbrica per la
produzione dell'acido nitrico destinato alla
fabbricazione degli esplosivi. Già nel 1888
la fabbrica di acidi della Piana, sotto la
denominazione di Società Anonima Esplodenti
e Prodotti Chimici (S.AE.P.C.), era entrata in
funzione producendo rilevanti quantità di
acido nitrico e di prodotti per l'agricoltura e fu
proprio grazie ad un successivo sviluppo di questo
stabilimento che nacque il dinamitificio di Boceda.
Nel 1889 l'ingegnere Barbier, imprenditore geniale
e noto in tutta Europa per le sue invenzioni
(alcune delle quali furono sperimentate per la
prima volta in assoluto proprio nello stabilimento
di Boceda) aveva rilevato dai pontremolesi Bocconi
e Bonzani la loro società che già era
stata fiorente e che per lungo tempo aveva prodotto
esplosivi e polveri da sparo nel pontremolese. Lo
stabilimento di Boceda entrò in funzione nel
1891 e con un organico di 70 operai nel 1892
produceva già 300 tonnellate di gelatina
esplosiva e un milione di capsule da mina. La
produzione di materiali esplodenti subì un
forte incremento durante la Campagna di Libia del
1911 e naturalmente durante la Guerra Mondiale del
15/18. In conseguenza dell'aumentata produzione,
gli impianti furono adeguati alle nuove tecnologie,
furono aumentate le potenze e acquisiti nuovi
spazi, per cui nell'ingrandito stabilimento la
forza-lavoro passò dagli iniziali 70 operai
del 1892 ai 121 del 1923, ai 168 del 1924, ai 238
del 1835 (in conseguenza dell'impegno italiano in
Africa Orientale) fino a raggiungere i 700 operai
nel 1940 quando eravamo alle soglie del secondo
conflitto mondiale.
(Germano Cavalli)
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