Magia
Lunigiana,
terra di magia
In
Lunigiana il progresso è presente ma non sino
ad essere insopportabile. In Lunigiana la magia esiste
ancora non come ritomo all'irrazionale, ma come retaggio
di una cultura che sopravvive. E non per arretratezza,
ma perchè condizioni naturali ed etniche ne
hanno consentito la sopravvivenza.
Pensiamo alla natura, in Lunigiana così rigogliosa,
pensiamo ai boschi silenziosi e misteriosi. Le storie
dei vecchi, in alcune zone, li popolano ancora di
folletti, esseri più dispettosi che maligni.
A volte uscivano dal folto della macchia per sollevare
in un turbine e spandere il fieno già accatastato.
Pensiamo ai vecchi
racconti di streghe che si riunivano in certe notti
sotto castagni secolari, che ancora oggi a guardarli
sembrano messi lì apposta.
E soprattutto
pensiamo alla popolazione contadina, ancora numerosa,
per secoli lasciata a se stessa a strappare la sopravvivenza
alla terra. La malattia di un capofamiglia poteva
significare la rovina, sino a poco tempo fa. Ma non
c'erano medici e le cause delle malattie erano ignote.
E allora, per non darsi per vinti, bisognava lottare
anche contro l'ignoto. Ma come? Attraverso il tentativo
di coinvolgere nella lotta contro il male tutte le
forze benigne che l'uomo conosceva: santi, divinità,
erbe medicamentose, preghiere e gesti riuniti insieme
a formare un rito misterioso che potesse sconfiggere
le forze occulte del male.
Mistero contro mistero, arcano contro arcano: magia.
Viaggio
tra i maghi della Lunigiana
Se la bella addormentata
nel bosco, invece di addormentarsi in un'imprecisata
e sconosciuta foresta, si fosse addormentata in una
selva di casa nostra, si sarebbe evitato un sacco
di guai. Per lei, che non avrebbe dovuto dormire così
a lungo nell'umidità di una pineta, e soprattutto
per il principe di turno.
Racconta infatti
la favola che il malcapitato ne passò di tutti
i colori per poterla svegliare. Gli toccò combattere
anche con un drago che sputava fuoco e alla fine,
ricompensa della ricompense, si dovette sposare con
la principessa risvegliata. Speriamo per lui che sia
stata davvero bella.
Da noi in Lunigiana,
dicevamo, sarebbe stato più semplice. Bastava
cercare qualcuno che fosse capace di sciogliere l'incantesimo.
Niente di più facile: dalla Cisa all'Aulella,
dall'Orsaro al Passo dei Casoni non ci sarebbe stato
che l'imbarazzo della scelta.
Maghi e magie di ogni tipo, due parole, due gesti e la principessa
sarebbe stata sveglia più che dopo quattro
caffè. Niente battaglie, niente draghi, niente
matrimonio.
Più lieto
fine di così....
Ma lasciamo da
parte le favole e le principesse. E' proprio vero
che la Lunigiana è tanto popolata da negromanti,
stregoni e maghe?
La risposta,
in un certo senso è si. Niente di drammatico,
per carità. Nessuno corre il pericolo di essere
tramutato in rospo da una strega o di rimanere stecchito
mangiando una mela offerta da una vecchina. Anzi,
la magìa nostrana serve soprattutto per liberare
dagli incantesimi, oltre che a tante altre cose. E
che la si neghi a priori, che si dubiti, che si creda
senza condizioni la magia accanto a noi esiste comunque.
Lasciamo quindi
raccontare ai diretti interessati questa storia di
casa nostra. Siamo andati a cercare i personaggi più
emblematici e conosciuti, gli esperti più accreditati.
ll mago di Bagnone
Aspetto fiero,
mascella forte, sguardo magnetico, fronte alta. Aggiungiamo
una gestualità rapida e perentoria, un parlare
deciso, e ai non più giovani verranno in mente
gli attributi con cui amava essere descritto l'ex
maestro di Predappio, poi duce a (quasi) tutti gli
effetti.
Niente paura, per carità, non stiamo parlando
di quello, stiamo parlando molto più semplicemente
del «Il mago di Bagnone», esperto in magia:
occhio e talismani, diagnostico intuitivo, terapeuta
rituale. Del fondatore dell'impero conserva, come
dicevamo, una vaga somiglianza a prima vista e una
guerra d'Africa sulle spalle. Niente altro in comune.
«Il
mago di Bagnone» è un simpatico signore
che, per numero di anni potrebbe essere definito anziano
ma che per portamento e personalità ricorda
molto di più un giovanotto. Uomo di pochi preamboli,
già prima di stringerti la mano formula una
diagnosi passandoti da parte a parte con due occhi
penetranti come raggi X.
Ti conduce nella ex cucina che ora gli serve da studio.
Qui, servendosi sia di quell'apparecchio radiologico
che ha al posto degli occhi (e che non spegne mai),
sia dell'imposizione delle mani, scruta e ascolta.
Se c'è qualcosa che non va, non può
sfuggire: cuore, fegato, sistema nervoso e pancreas
gli appaiono come freschi di stampa su un libro di
anatomia. La cura? La cura è semplice a base
di diete e regole igeniche, sempre che si tratti di
causa organica. Perchè potrebbe invece dipendere
tutto dallo sguardo lasciato da qualcuno: il famigerato
malocchio.
Anche per questo
basta andare a vedere. Piatto pieno d'acqua in testa,
olio versato dentro l'acqua, formula rituale. Un sospiro
di sollievo! Nel piatto galleggiano tre gocce d'olio
perfettamente integre. Niente malocchio.
"Perchè
in caso contrario?" domandiamo.
"In caso contrario
nel piatto al posto delle tre gocce d'olio vi sarebbero
cani, gatti, rospi e mostri da far paura. Non veri
s'intende, solo la forma."
"Ah, beh..."
Se l'olio fa
qualche brutto scherzo, «Il mago di Bagnone»
ha la cura pronta: un ramoscello d'erba particolare
passato sul viso, la formula magica e attenzione a
non guardarlo negli occhi mentre opera perchè
il malocchio resterebbe peggio di prima. Che poi questo
malocchio non è che sia trasmesso volutamente,
per carità, solo che ci sono persone con lo
sguardo troppo forte a cui scappa senza volerlo l'incantesimo.
Chiediamo come ha fatto a sapere tante cose. "In
Africa risponde, durante la guerra". E naturalmente
anche qui da noi, dalla tradizione popolare. E' ora
di andare e come siamo abituati a fare dal dentista
o dal medico chiediamo il conto. Non se ne parla nemmeno,
niente soldi, niente compenso, niente di niente, ci
mancherebbe. Anzi per finire un pezzetto di oppio
per portafortuna.
Come ha detto, prego? "Si, oppio, oppio maschio. Una
pianta, un pezzo di legno". Niente a che vedere con
i campi di papaveri asiatici. Meno male!
E di buon grado ci mettiamo in tasca il frammento
di ramoscello che non dovremo mai perdere, pena un
destino a precipizio. Una stretta di mano vigorosa,
un augurio, e un sorriso sono il commiato.
Ce ne andiamo
pensando che non si può non provare simpatia.
Soprattutto se tornano alla mente certi "maghi" cittadini
dai nomi esotici, che dalle pubblicità sui
giomali ci promettono di trasformare il (nostro) vile
denaro in prodigiosa prosperità. Per loro naturalmente.
La Fatina di Villafranca
Da Bagnone
scendiamo verso Villafranca. Abbiamo appena appreso
che siamo tutti a rischio di malocchio. La cosa ci
preoccupa. Lasciamo perdere per un po' l'argomento
e ci prepariamo alla seconda sosta, dove di malocchio
non se ne dovrebbe parlare.
Il nome della signora che ci attende è già
una garanzia: Divina.
Ottant'anni passati (ci perdoni, di una signora non
si dovrebbe dire l'età), ce l'hanno descritta
come una buona fatina, e a guardarla, l'immagine è
azzeccata.
Piccola, minuta quando sorride trasmette dolcezza.
Una vita passata a tirare su i figli, poi ad assistere
il marito ammalato. Ora è vedova. Tanti anni
fa sua madre, in punto di morte, le lasciò
le uniche cose che aveva: formule segrete, descrizioni
di riti strani e alcune preghiere. Con quei cerimoniali,
si diceva nelle campagne circostanti, si potevano
guarire certe malattie. "Venivano da tutte le parti
per farsi segnare - dice la signora - e io cosa potevo
fare? Ho provato. Non chiedetemi come e perchè,
ma il fuoco sacro, la risipola e la crosta lattea
dei neonati, sparivano davvero. Così ho continuato
a farlo. " E racconta di come l'usla (la stipa) caccia
il fuoco di S. Antonio che "è di nove tipi."
E bisogna sapere di che tipo è, se no si sbaglia
formula e non se ne va mai più".
L'ora indicata
per togliere i mali è quella della Ave Maria
e oltre alle formule bisogna anche pregare.
A proposito di
formule gliene chediamo qualcuna. La vediamo in imbarazzo,
titubante. Si vede che le spiace non poterci accontentare.
Poi come una bambina risponde. "Mia mamma mi ha raccomandato
di non rivelarle mai a nessuno".
L'innocenza della risposta ci toglie ogni possibilità
di insistere. Mentre la salutiamo ci viene in mente
un ricordo di quando eravamo bambini. Nelle favole,
fra draghi e orchi paurosi, c'era qualche volta una
vecchina buona. Chi la incontrava, in genere, passava
indenne fra pericoli e avventure. Speriamo che sia
vero perchè la prossima tappa del nostro viaggio
si presenta perlomeno misteriosa.
La Maga di Malgrate
C'è
una casetta bassa, anonima, che passa quasi inosservata
fra le altre sparse nella pianura dominata dal castello
di Malgrate. Intorno campi, orti, filari di viti.
E tanto silenzio. Intorno alla casetta un piccolo
giardino recintato, un cancello sempre chiuso, nessun
segno di vita. Le finestre hanno le persiane chiuse.
Meno una che, oltre i vetri, è schermata da
una spessa tenda. Proviamo a suonare: la tenda si
muove impercettibilmente. Qualcuno ci osserva. Passa
forse un minuto la porta si apre e una donna di mezza
età si fa sulla soglia. Un cane minuscolo ci
corre incontro abbaiando. Sembra che ce l'abbia con
noi. L'abbaiare del cane ci impedisce di sentire le
prime parole della donna. Finalmente il cane tace.
"Qui non c'è niente da scrivere." Sentiamo
dire, mentre la donna si avvicina. L'esordio ci spiazza,
vuoi vedere che... la signora sa già il motivo
della nostra visita?
Eppure non ci
sembra di averlo scritto in faccia, nè di averlo
detto a nessuno. Un po' ncreduli cerchiamo di aggirare
l'ostacolo e di metterla alla prova. Tentiamo: "Credo
di avere il malocchio... sappiamo che lei è
molto brava..."
Niente da fare,
la risposta è che certe cose non si devono
scrivere.
La donna ci osserva,
con un sorriso non proprio benevolo.
Ci sentiamo scrutati
anche dentro, nelle intenzioni, nei pensieri. Non
sappiamo se essere impressionati o metterci a ridere.
Ci sembra così assurdo. Comunque tiriamo dritto
e le chiediamo come fa a togliere il malocchio. Silenzio.
E' vero che usa
questa formula?:
"Malocchio vai,
come sei arrivato/ negli occhi di chi mi ha guardato./
Questo segno in nome di tutti gli angeli buoni/ ti
mandi giù da tutti i demoni./ Sotto la terra/
giù nel buio/ luce non venga per sempre in
nome di dio."
La donna continua a guardarci, forse chi tace acconsente.
Altra domanda: 'E vero che, nei casi difficili, invia
una ciocca di capelli da una "stregone" di Genova?"
Questa volta la risposta arriva ed è un chiaro
invito a lasciare perdere, a non voler sapere "certe
cose che è meglio non sapere". Poi la signora
torna in casa e richiude la porta. Il cane ricomincia
ad abbaiare.
Cose che è
meglio non sapere, formule misteriose: la sensazione
è quella di esserci imbattuti in qualcosa di
differente dai riti casalinghi, dalle segnature alla
buona con filastrocche in dialetto. E infatti voci
raccolte qua e là parlano di persone che vengono
da molto lontano per farsi segnare, parlano di guarigioni
miracolose, e confermano la notizia già raccolta
di diagnosi eseguite con l'aiuto di uno stregone molto
potente che abita a Genova.
Ma come? Contatti telepatici, fluido a distanza? Niente
di tutto questo: una ciocca di capelli del paziente
viene spedita per posta a Genova. Li un personaggio
tanto misterioso quanto esperto in magia, esegue una
analisi che rivela eventuali malattie.
Una curiosità:
l'analisi dei capelli ai fini di individuare tracce
di malattie organiche è praticata anche dalla
medicina ufficiale.
Il Fuoco sacro o
di Sant'Antonio
Lasciamo
i misteri. Lasciamo i misteri di case solitarie, stregoni
che interrogano i capelli e raggiungiamo nel nostro
viaggio Licciana Nardi. Qui incontriamo una rappresentante
del mondo magico rurale veramente schietta e sincera.
Verace, direbbero a Napoli.
La signora è
simpaticissima. Dopo le prime resistenze a rivelarci
i segreti delle sue formule (ha una teoria molto intelligente
sull'opportunità o meno di rivelarle) decide
di non farsi troppi problemi e di accontentarci.
La sua specializzazione?
Il fuoco sacro o fuoco di Sant'Antonio . Il suo metodo per sconfiggerlo? L'acqua
e i rametti di stipa. Ma come? La signora non è
adatta a perdersi in spiegazioni complicate anche
perchè pare non abbia molta fiducia nelle nostre
capacità di capire e quindi senza perdere tempo
ci fa vedere, in diretta, lo svolgimento del rito.
Prima di tutto
i rametti di stipa. Li conserva fuori, in cortile
riuniti in un mazzo. Si tratta, molto semplicemente
di una scopa. Si, proprio una scopa, di quelle per
spazzare le strade. Attenzione, però, l'attrezzo
deve essere vergine, mai usato. La signora ride, mentre
dispone i tre mazzetti di stipa, di tre arbusti l'uno,
di fronte ad una tazza d'acqua. Le pare strano e divertente
che a qualcuno interessi la sua magia domestica. "La
stipa serve per spazzare via il male - spiega -, l'acqua
per lavarlo via".
E, dopo aver
bagnato un rametto nell'acqua comincia a recitare:
"Acqua corrente/ fa passar 'sta fiamma ardente/ se
l'è o se non l'è/ fa passar quello che
è./ Dolce cuore di Gesù/ questo male
non venga più/ dolce cuore di Maria/ questo
male vada via."
E intanto segna una croce col rametto sulla parte
ammalata. Tre volte per tre giorni, in otto giorni
il fuoco è venuto e in otto giorni se ne andrà.
Ma è così
sicuro? Punta sul vivo, racconta di quella signora
ricoverata a Písa e guarita da lei in uno sgabuzzino
dell'ospedale, di nascosto, all'insaputa dei medici
che, oltre a non aver determinato la guarigione, se
ne sono presi il merito.
Domandiamo come
è possibile che, dove non arriva la medicina
ufficiale, possa far qualcosa un rametto di stipa.
La coglie un pò d'ironia, ma non se la prende.
Risponde, in pratica, che queste sono domande che
si pone chi non ha il fuoco
sacro: chi ce l'ha e le ha provate tutte e alla fine
viene guarito da un pezzetto di scopa, allora è
disposto a credere anche a un pezzetto di scopa. Non
male come risposta.
Prima di andarcene
vorremmo sapere il perchè di un certo mistero
intorno alle formule rituali. E' vero che una volta
rivelate perdono efficacia? Con pazienza ci spiega
che non è difficile capire che certi "poteri"
non devono essere dati a tutti. Qualcuno potrebbe
usarli male, magari per sfruttare l'ingenuità
altrui o averne un guadagno. Ecco perchè le
formule e i riti devono essere rivelate a poche persone.
Quelle più fidate.
Ci sembra giusto.
Il Potere delle
Mani
Ad Aulla
sono fortunati. Metti che uno inciampi e prenda una
brutta storta, oppure che, viaggiando col finestrino
della macchina aperto, si accorga di non poter più
muovere la testa dal torcicollo. Non esiste problema,
un salto (mica facile con una storta!) dalla Maga,
e tutto si risolve nel giro di pochi minuti.
Pomate, gambaletti ortopedici, massaggi e fisioterapia?
Neanche per sogno, roba fastidiosa e inutile. Basta
la semplice imposizione delle mani, di questa signora
che opera servendosi del fluido misterioso e benefico
che la natura pare le abbia donato. Tutto questo ha
un nome: pranoterapia. Crederci è una questione
di fede e, a quanto pare, anche di risultati. Se la
storta non passa o il torcicollo continua a farci
vedere tutto inclinato, è difficile continuare
ad essere praticante. Ma se il miracolo si compie
non resta che prendeme atto, tenerlo presente per
la prossima occasione. Naturalmente toccando ferro.
Anche la signora, interrogata in proposito, non si
dilunga in complicate spiegazioni, ma racconta che
sin da piccola si era accorta che le sue mani sprigionavano
"uno strano calore". Accostate ad una parte dolente
del corpo, alleviavano la sensazione di dolore. Certe
qualità, quando possono servire ad altri, si
sa che è difficile tenerle nascoste. E così
cominciando quasi per gioco a imporre le mani su familiari
e conoscenti, in breve si è ritrovata ad essere
pranoterapeuta patentata. Attraverso la pratica, il
suo campo di intervento si è allargato considerevolmente:
dall'emicrania alla gotta. Il numero delle persone
che ricorrono a lei cresce di continuo. Conosciutissima
anche oltre i confini della sua cittadina è
il più famoso esempio di pranoterapeuta che
abbiamo incontrato durante il nostro viaggio.
Il Rabdomante di
Terrarossa
I viaggi,
lo sanno tutti, stancano. Ogni tanto bisogna fermarsi
per ríposare, bere qualcosa. Anche noi lo abbiamo
fatto, avevamo sete e ci siamo fermati in un bar.
Volevamo un bicchier d'acqua. Lì, oltre all'acqua
che cercavamo, c'è capitato di incontrare un
signore con una curiosa particolarità: quella
di saper trovare le falde acquifere e i metalli servendosi
di un pendolino. Insomma, invece di trovare l'acqua
cercandola con un rabdomante, abbiamo trovato un rabdomante
cercando l'acqua. Magia anche questa?
A questo punto
siamo convinti che tutto sia possibile, sotto il cielo
magico della Lunigiana. Quindi, di buon grado, ascoltiamo
senza batter ciglio quanto vuole raccontarci il gentile
rappresentante della scienza "radiante" che abbiamo
di fronte. I capelli bianchi un po' lunghi, gli conferiscono
a prima vista, un'aria vagamente "artistica- intellettuale",
ma un certo modo di fare e un "che" di vissuto nello
sguardo ricordano certe foto di vecchi "garibaldini".
Ma ora il nostro anonimo interlocutore vuole essere
messo alla prova. Con il suo pendolino magico indovinerà
in quale mano teniamo le chiavi della macchina. Il
primo tentativo è un fiasco. "Togliete le monete
dalle tasche, ci ordina sicuro, possono creare delle
interferenze". Così facciamo. E la seconda
prova riesce. E la terza e la quarta e via di seguito,
sino a che non possiamo che arrenderci. Arrenderci
alla fortuna sfacciata o al pendolino. Fate voi..
La Signora dei Tarocchi
Malocchio,
torcicollo, storte, fuoco sacro e altri guai. Per
fortuna che ora sappiamo che c'è chi li cura.
Ma non sarebbe più comodo trovare qualcuno
che ci spieghi come evitarli? Anzi, senza voler sembrare
troppo esigenti, ci vorrebbe proprio qualcuno capace
di guardare nel futuro per vedere se ci stanno scritte,
oltre alle disgrazie, anche parole come: felicità,
amore, denaro.
I soliti bene informati suggeriscono di andare a Pontremoli.
Pare che in paese vi sia una signora capace di cose
incredibili. Cerchiamo un appuntamento, ma la persona
che vogliamo incontrare non desidera farsi pubblicità,
assolutamente non vuole che vi sia la minima possibilità
di identificarla.
"Qualcuno potrebbe
confondermi con certi ciarlatani che non cercano altro",
spiega.
La signora dei
tarocchi si considera una sensitiva. E
un giorno scoprì i tarocchi. Cominciò
da sola a dare una interpretazione dei segni che via
via uscivano dal mazzo e in breve
ricavò un sistema che ancora oggi usa. Persone
di ogni tipo e condizione si rivolgono a lei per vedere
al di là del giorno
dopo.
L'amore, poi la salute, infine il denaro: questi sono
i quesiti più ricorrenti
che le carte devono risolvere. I tarocchi sul tavolo
parlano e prevedono: "qui c'è un moretto in
arrivo, là c'è qualcuno
che non vede l'ora di tornare libero come l'aria.
Attenzione al socio poco raccomandabile, piena fiducia
invece in quella
tal proposta: porterà un sacco di soldi."
Dice la signora: "Sentimenti, dolori e gioie delle
persone si mescolano,
nel mazzo dei tarocchi. lo li riordino sino a che
tutto ha un significato. Come in un gioco di carte,
niente altro
che un gioco".
Ma se i tarocchi parlano delle persone, le persone
parlano dei tarocchi. C'è anche chi racconta
che la Signora dei Tarocchi avesse previsto agli inizi
degli anni novanti, leggendo le carte, che Sandro
Bondi sarebbe
diventato «più importante di un ministro»
Il viaggio continua
Via via ci accorgiamo che non esiste paese o frazione
in Lunigiana che non abbia il suo esperto in magia
popolare.
Canbiano i riti, variano le formule. Se a Filattiera
c'è chi guarisce il « fuoco sacro»
con un amuleto confezionato lì per lì
con nove foglie di rovo, a Zeri c'è chi usa
una moneta d'argento e, all'occorenza, anche la sola
fotografia dell'ammalato.
A Fivizzano il malocchio si fa «evaporare»
facendo bollire le tre gocce d'acqua rivelatrici dell'incantesimo.
La fantasia popolare racconta ancor oggi di incontri
di streghe in un castello diroccato accanto a Mulazzo.
Leggende e personaggi reali che formano quel pò
di "polvere" della nostra storia che ci è rimasto
addosso.
Questa polvere
forse farà un pò starnutire gli increduli
e ci sarà chi, a tutti costi, cercherà
di spazzolarsela di dosso. Ma tutto sommato non è
un pulviscolo fastidioso che acceca e penetra dapertutto.
I personaggi che abbiamo incontrato fanno in silenzio
cose di cui sono convinti e non pretendono che tutti
gli altri credano.
E poi, diciamocelo,
senza di loro la Lunigiana che terra magica sarebbe?
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