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Il paese di Vico si torva a monte di Bagnone ad un'altezza di circa 400 metri sul livello del mare, lungo la valle del torrente Fiumenta, affluente del Bagnone. E' composto da sei frazioni: Chiesa, Casa di Gian Pietro, Valle, Montale, Canneto e Monterole. Alla metà del 1600 esisteva una settima frazione situata tra Montale e Canneto denominata Canova. Il paese di Vico ha cominciato ad acquistare una certa importanza nel 1351, quando divenne la prima sede dei marchesi Malaspina di Treschietto. Il marchese Nicolò Malaspina, del feudo di Filattiera che comandava anche nel Comunello di Vico-Treschietto-Iera e Corlaga, al primo figlio lasciò la parte principale del Feudo, cioè la vallata di Filattiera, ed al secondo il Comunello di Vico-Treschietto-Iera e Corlaga.
A quel tempo il capoluogo di tale tratto di terre era Vico. Il primo feudatario fu Giovanni Malaspina, detto il Berretta o il Berrettazzo, il quale si ammogliò a Masina Picciolini ed ebbe da lei Leonardo, Federico detto il Tedesco, Andrea-Galeazzo e Guglielmo. Il marchese venuto nel nuovo feudo, sia perchè Vico era capoluogo, sia perchè la casa o la posizione del medesimo incontravano di più il suo gusto, scelse come sede la Chiesa di Vico e vi dimorò per 25 anni. Un documento del 6 marzo 1357 rogato in Filattiera da ser Tonghino fu signor Mochignano di Filattiera, parla del marchese "Signor Generale di Vico e sue terre annesse". Vico, Treschietto e Iera (escluso Corlaga), per privilegi avuti non si sa come ai tempi dei feudi oiù antichi, avevano dei diritti, tra i quali qelli di nominare dei rappresentanti -specie di consiglieri- senza il parere dei quali i Marchesi non potevano nulla innovare nè imporre tasse di alcuna sorte. Questi diritti o privilegi erano chiamati "gli ordinamenti di Vico" perchè Vico era considerato capoluogo. Quando il nuovo marchese di Filattiera venne a prendere possesso del suo piccolo feudo, dovette prestare giuramento di essere fedele e di rispettare gli ordinamenti di Vico, impegno che lui ed i suoi successori mantennero sempre. Questa era una condizione per avere fedeltà e sudditanza dal popolo, il quale in caso contrario aveva diritto di ribellarsi. Esistendo già a Treschietto un castello di difesa edificato dai feudatari più antichi con permesso dei rappresentanti del Comunello, il Marchese pose la sua sede nel detto edificio, dopo avervi fatto i lavori di ampliamento. I marchesi Malaspina hanno lasciato alla parrocchia di Vico dei legati per le funzioni dei venerdì di maggio, per mantenere l'altare della Madonna del Rosario e per le celebrazioni delle Messe. La tadizione popolare ricorda meglio le angherie subite che le buone qualità dei suoi governanti, forse a causa delle rarità di queste ultime: da un memoriale conservato presso la canonica di Treschietto si rileva che un certo Giovanni di Simonino, nato il 16 maggio 1625, emigrò nella pianura di Parma, ma per poter uscire dal paese dovette pagare 20 scudi d'oro al marchese Giovanni Gasparro Malaspina, perchè fra i tanti balzelli imposti a quella povera gente ve ne erano anche di questo tipo. Treschietto con Iera e Vico rimase feudo della famiglia Malaspina fino quasi alla metà del 1700. L'ultimo marchese della famiglia Malaspina fu Ferdinando e alla sua morte il Granduca di Toscana, i Malaspina di Filattiera e il Fisco Imperiale reclamavano ciascheduno il feudo. Nel 1747 l'Imperatore Francesco I decise che il feudo passasse alla Camera Imperiale e l'aano stesso lo donò al conte Carlo Emanuele di Nay e di Richecourt, Generale d'esercito in Germania e ambasciatore a Napoli. Nel 1789 morto il Conte il feudo ritornò all'Impero e Pietro Leopoldo Granduca di Toscana se lo fece assegnare. Con l'avvento dei francesi in Italia le terre del feudo furono annesse alla Repubblica Cisalpina e poi all'Impero Napoleonico. Nel 1815, dopo la caduta di Napoleone, il trattato di Vienna disponeva che i feudi imperiali, fra i quali Verano, Teschietto con Iera e Vico venissero assegnati a Francesco IV Duca di Modena, arciduca austriaco. Nel 1848 tutto il territorio bagnonese (compreso Treschietto, Iera e Vico), passò al dominio Toscano e a quello Parmense e tale rimase fino al 1859 quando a seguito della seconda guerra di indipendenza venne incorporato, come la Toscana e l'Emilia, nel nuovo regno d'Italia sotto lo scettro di Vittorio Emanuele II. Il 2 aprile 1860 si inaugura a Torino il I Parlamento dell'Italia Settentrionale e Centrale.

 
 
   
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